sabato, gennaio 07, 2006
Burundi:Si torna a scuola
16/12 Sono seduto nello stretto banco di legno grezzo di un’aula di scuola elementare. E’ buffo essere qui ad ascoltare la formazione contro la violenza alle donne in lingua Kirundi, che quindi non capisco, vedere la lavagna di legno
verniciato di nero, due foto sgualcite alle pareti, il tetto in lamiera sorretto da pali di legno, anzi meglio dire da alberi tagliati, con corteccia e tutto il resto, salvo le foglie. Guardo fuori pensando ai temi che da piccoli davano a scuola: descrivi ciò che vedi dalla finestra.
Color seno abbaglia
la collina di terra nuda.
Il verde intorno
rigoglioso di temporale
si insinua nella valle
come tra gambe di donna.
Mi accordo subito che in realtà il paesaggio segato dalla grata della finestra è un quadro immobile, mentre sono i miei pensieri a muoversi ingarbugliati. La finestra qui è un buco nel muro. Invece il nostro concetto di finestra ha più a che vedere con il vetro, come una lente attraverso la quale vedere l’esterno, con le gocce di
pioggia che esplodono picchiettando. Nel caldo tropicale l’esterno non ha limite. Fuori e dentro si confondono e si intersecano facendo l’amore sulla linea della porta che non c’è, o sul parapetto della finestra senza bisogno di vetro.
Nel cortile i bambini che giocano con una palla di stracci o rincorrendo un cerchio di ferro con un bastone e rumore d’affettatrice, si fermano a guardarmi come l’evento della giornata. Se fossi una modella svedese e mi trovassi nuda a passeggiare nel cortile del campo di addestramento dei marines, forse darei meno
nell’occhio. Vorrei conoscere la loro lingua e poter dire: “Ciao, sono un extraterrestre. Vengo in pace. Amahoro!”.
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