mercoledì, dicembre 28, 2005

Burundi:Si vola!


7/12 Il tempo si contorce in strane forme, sciogliendosi come cera sotto questo
caldo. Ricordo solo che ho visitato il centro nutrizionale di Gatumba:
ogni giorno aggiungiamo una piccola tessera al puzzle del progetto.
Tuttavia qui in città il lavoro si complica con dinamiche interne e
delicati equilibri politici. Ognuno vuole dire la sua opinione senza
rispettare l’impegno degli altri, ascoltando poco, complicando le idee
e rallentando l’effettiva esecuzione delle proposte. Sarebbe
decisamente più funzionale ritornare a pensare per obiettivi, avendo
ben chiara l’urgenza dei bisogni della gente.

8/12 Pian piano il progetto avanza, ed io godo della brezza di questa bella sensazione,colorata da qualche di timore. Credo potremo lavorare bene insieme al
nuovo medico, se poi guadagnerò la sua fiducia (e viceversa) tanto
meglio, ma l’essenziale è raggiungere una piena operatività , poichè fra
un anno (a volte cosi lontano) io partirò e lui dovrà seguire il
progetto e quindi la gente. Mi piace pensare di essere qui per non
fare, solo a dare l’impulso, l’avvio, il La, anche se a volte mi sento
più che altro un canalizzatore di soldi, un portafoglio altrui che
cammina.
Domani partirò per la mia avventura del weekend, stavolta
spostandomi nel cuore dell’Africa, a Kirundo: prenderò l’aereo del
programma mondiale per l’alimentazione (PAM), l’unico volo che si
spinge lassù. Se ci penso è una situazione nuova e bizzarra; mi auguro
solo di non incontrare serpenti lassù nella giungla. Ah, Africa!
Stasera spero di riuscire a dare l’avvio a questi stralci di vita qui
senza lei, inafferrabile presenza. Chissà che queste mie parole
riescano, dopo tanti chilometri, climi e fusi orari, a donarle ancora
il profumo dei sentimenti con cui sono sgorgate e che scorga tra le
righe la mia promessa e la mia attesa.



10/12 arrivo all’aeroporto con un poco di anticipo, come piace a me. C’è già la coda, ma è per un’altra destinazione, mentre sul volo interno del PAM siamo solo in tre. Attraversiamo la pista a piedi, stringiamo la mano al pilota e saliamo
la scaletta traballante. Se mi abituo a questo volo, giuro che
accetterò un passaggio anche da Corrado all’aeroclub di Parma. Ho
sempre pensato che quel trabiccolo fosse troppo piccolo per assorbire i
capricci del cielo, ma se resisto a questa pista sconnessa, posso
accettare anche le altezze sopra Parma. Dopo il decollo una brusca
virata e via sopra bananeti e colline, segnate da rigagnoli di terra
rossa come vene di un braccio muscoloso. Dopo soli venti minuti, in cui
il mio vicino cerca di fare conversazione oltre il rumore delle eliche
che di tanto in tanto tengo d’occhio, scendiamo a picco sulla pista
sterrata di Ngozi. La torre di controllo e hall è un vecchio container,
accanto al quale sta posteggiato uno di quei camion blindati e
mostruosi delle Nazioni Unite. Appena ci fermiamo il velivolo subisce
uno scossone, mentre alla nostra destra si alza un pesante elicottero
bianco. Salgono altri due cooperanti e rulliamo fino in fondo alla
pista, giriamo e ci fermiamo sul fondo. Il pilota si volta verso di me
oltre la tendina che separa la cabina e mi fa segno di allacciare la
cintura. Poi comincia ad aumentare la potenza con l’aereo in folle, non
so se si possa dire in gergo aeronautico, e lascia la frizione per
sfruttare al massimo la corta pista di terra e ghiaia. Partiti verso la
successiva fermata, come un autobus di campagna. Dopo pochi minuti giù
di nuovo, finalmente a Kirundo. Non so decidere se quei due tizi in
divisa con in mano un estintore sul bordo della pista rappresentino un
fattore di sicurezza, o un malaugurio beffardo. Francesca è venuta ad
attendermi.
La strada che ci porta al Centro Medico che visita quest’oggi è ornata di rami e foglie di banano che qui rappresentano l’equivalente dei nostri festoni. Sono molto eco-compatibili ed esprimono senza dubbio il loro carattere di decorazione per quello che è un giorno di festa. Banani al posto di striscioni: potrebbe essere un’idea creativa per un corteo alla prossima manifestazione.
Visitiamo due centri: nell’uno il responsabile ha deciso di installarsi nella stanza riservata alle degenze, togliendo spazio a quei pochi posti letto che
la struttura offre; nell’altro il dirigente per il quale era stata
prevista un’ala del centro si è trasferito altrove per poter ospitare
più ammalati. Approcci diversi.
Nell’Africa rurale mi sembra che la vita ritorni ad avere la possibilità di essere semplice, ma si tratta di una semplicità imposta, forzata nella fatica di scendere alla fonte per recuperare l’acqua e nelle distanze da coprire per raggiungere un posto di pronto soccorso o la scuola.
Stasera, qui nel nord del paese,ho ritrovato il piacere scoppiettante dei pop-corn con cui ritmavo i miei pomeriggi con Alienor. Sullo schermo scorrono le glorie sportive raccolte dalla mitica Gazzetta in rosa. Una serata tutta italiana insomma, che quindi finiamo con una strana pizza. Impastata in Burundi
secondo la ricetta che Francesca ha imparato da un mastro napoletano a
Chicago nel ristorante del fratello. Buona.
Ci ricordiamo tardi di uscire a riempire il serbatoio del generatore alla luce delle torce, ma ci accorgiamo di aver aggiunto diesel ad un motore a benzina. Il
guardiano si sente mortificato per aver confuso le taniche e, dopo
alcuni infruttuosi tentativi di svuotamento, si offre di svinare la
canna per far scendere la benzina, ma poi riusciamo a staccare la
cannetta di sotto e recuperiamo quel puzzolente gasolio. Finito il travaso è mancata la corrente elettrica e il generatore si è messo in
moto. Temevo si incendiasse con il calore del motore, inzuppato com’era
di carburante. Al black-out si accendono le stelle, riconosco Orione e
mi chiedo se all’equatore la guida sia alla Stella Polare o alla Croce
del Sud. Nel giardino svolazzano due lucciole: a due settimane da
Natale due lucciole intorno alle mie gambe alterano il mio orologio
biologico!

3 commenti:

Anonimo ha detto...

bello il finale haiku...
ma non ci hai ancora parlato per bene del progetto che stai cercando di portare avanti

Anonimo ha detto...

Bello e coinvolgente il tuo racconto, assaporo i colori della terra africana. Noto con dispiacere quanto sia difficile per noi europei aiutare in modo rispettoso e disinteressato....spero tanto che il progetto sia il frutto di un coinvolgimento fattivo dei beneficiari.
Parlaci del progetto al quale collabori!!
Ti seguo a distanza ravvicinata!!

Anonimo ha detto...

Un racconto e un'esperienza stupenda! Ti seguiamo anche con il cuore!